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ABSTRACT

Il legislatore nell’intento di accelerare la riscossione degli atti di accertamento, con l’art. 29 del D.L. n. 78/2010, conv, nella L. 122/2010, ha concentrato in un unico atto in aggiunta a quella già propria di atto impositivo, le  funzioni di titolo esecutivo e di precetto che prima erano proprie del ruolo e della cartella di pagamento. Il legislatore ha altresì previsto che l’Agente della Riscossione con raccomandata semplice o posta elettronica, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione. A questo punto ci si è posti il problema relativo ai mezzi di tutela a disposizione del contribuente, nel caso di inesistenza o invalidità della notifica dell’atto impoesattivo. Dopo aver percorso le problematiche esistenti ed i mezzi di tutela che possono essere esperiti dal contribuente in merito all’azione a questi riservata dall’ordinamento  per evitare l’esecuzione forzata, è stata individuata la possibilità, riconosciuta dalla più recente giurisprudenza di legittimità, di impugnare cumulativamente l’avviso di presa in carico e l’atto presupposto. 

L’Avviso di Accertamento Esecutivo                                                          

Come è ben noto la separazione tra l’attività accertativa e quella della riscossione attraverso l’emissione della cartella di pagamento per gli accertamenti definitivi, nel corso degli anni ha causato non pochi problemi di recupero dei tributi e per ciò che il legislatore è intervenuto con l’art. 29, del D.L. n. 78/2010, conv. nella L. n. 122 del 30 luglio 2010[1], attraverso cui l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate è stato trasformato in atto impoesattivo[2]. In buona sostanza è stato concentrato in un unico atto dove è stata riportata l’intimazione ad adempiere, sia l’accertamento che la riscossione. Si è realizzato, per questa via, la concentrazione in capo all‘avviso di accertamento in aggiunta a quella già propria di atto impositivo, delle funzioni di titolo esecutivo e di precetto, affidate un tempo rispettivamente al ruolo ed alla cartella di pagamento. La natura sostanziale dell’avviso di accertamento tributario che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’Ufficio finanziario enuncia le ragioni della pretesa tributaria,  obbliga altresì l’Amministrazione finanziaria non solo a motivare l’atto sui presupposti di fatto e sulle ragioni giuridiche che lo hanno determinato[3], ma la obbliga anche, ad effettuarne la notifica rispettando rigorosamente le prescrizioni contenute nell’art. 60, dello stesso D.p.r. n. 600/1973. Anche se l’efficacia dell’avviso di accertamento è subordinata alla sua regolare notificazione in quanto esiste e produce i suoi effetti solo se portato a conoscenza del destinatario mediante apposito avviso, i riflessi della suddetta concentrazione in un unico atto, si concretizzano in modo evidente proprio nel momento conclusivo della manifestazione del potere impositivo ed esattivo, ovvero al momento della  notificazione dell’atto. Tale potere impositivo ed esattivo che si esteriorizza verso il suo destinatario al momento della  notificazione, fa sì che superato un determinato termine, il contribuente rimane esposto all’esecuzione, essendo espressamente previsto dallo stesso art. 29 cit.[4]. Ciò può accadere sia quando a fronte della notifica del suddetto avviso di accertamento, il destinatario si adoperi ad impugnarlo, utilizzando il potere di reazione in sede giurisdizionale (trovandosi suo malgrado costretto ad estrinsecarsi sin da subito nella difesa dalle azioni cautelari[5]); sia quando invece, la notifica dell’atto sia irregolare o materialmente e giuridicamente inesistente, che espone il contribuente a sua insaputa all’esecuzione forzata sui propri beni patrimoniali o al pignoramento dei propri crediti verso terzi.  Appare con chiarezza come la notifica dell’avviso di accertamento non limitandosi alla sola formalizzazione della pretesa impositiva, bensì anche all’esazione, suscettibile di dare luogo all’esecuzione forzata nei confronti del destinatario dell’atto, fa sì che la tutela giurisdizionale non riguarda soltanto la debenza, ma concerne altresì l‘immediata riscuotibilità e il recupero in forma coattiva della pretesa tributaria. Ne consegue il rischio sempre imminente della compromissione del diritto soggettivo all‘integrità del patrimonio del contribuente e degli eventuali altri, creditori e terzi, in uno scenario necessariamente allargato, ai fini dell‘efficienza dell’azione costituzionalmente guarentigiata ex art. 24 Cost. Tutto questo impone un’abbinata, puntuale, ricognizione degli istituti della notificazione dell’avviso di accertamento esecutivo da un lato e, dall’altro, della tutela giurisdizionale in via cautelare ad essa correlata[6]. Desta particolare curiosità come la riforma del sistema della riscossione previsto nella legge delega[7] attraverso l’individuazione di un nuovo modello organizzativo del sistema della riscossione mediante il trasferimento – in tutto o in parte – delle funzioni o delle attività attualmente svolte dall’Agente della Riscossione all’Agenzia delle Entrate, al fine di anticipare i tempi per l’avvio delle azioni cautelari ed esecutive, nel procedimento riguardante i cc.dd. atti impoesattivi,  possa concedere ulteriori garanzie al contribuente a cui la notifica dell’avviso di accertamento non sia stata regolarmente effettuata o sia stata inesistente.

L’Avviso di Presa in Carico

Non può ritenersi altresì come la previsione contenuta nella lettera b) del comma 1, dell’art. 29 cit. indicando che “L’agente della riscossione, con raccomandata semplice o posta elettronica, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione”, ovvero l’invio da parte dell’Agente della Riscossione dell’Avviso di Presa in Carico, possa considerarsi alla stregua di un ulteriore mezzo di tutela a disposizione del contribuente, atteso che  in merito alla sua impugnabilità ha suscitato numerosi dubbi. L’Avviso di presa in carico costituisce l’atto con cui l’Agente della Riscossione comunica al contribuente di aver ricevuto in carico le somme dell’accertamento ormai definitivo ed esecutivo, emesso dall’Agenzia delle Entrate. Esso costituisce una comunicazione informativa inviata mediante raccomandata semplice o posta elettronica, a mezzo della quale il soggetto incaricato della riscossione coattiva informa il contribuente che l’Agenzia delle Entrate gli ha affidato “per l’avvio dell’attività di riscossione, le somme richieste con avviso di accertamento”, sollecitandolo di effettuare il pagamento della somma indicata nell’avviso, avvertendolo dell’esecuzione forzata in caso di mancato pagamento. Appare doveroso però sottolineare come tale provvedimento, non ha solo natura conoscitiva, ma ha anche una funzione contestativa e sollecitatoria e pertanto può essere equiparato ad una vera e propria intimazione di pagamento. Ciò vuol dire che l’Agente della Riscossione, sulla base del titolo esecutivo formato dall’avviso di accertamento e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, può procedere ad espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. Pertanto, sta di fatto che ormai, dopo la mancata o invalida notifica dell‘atto di accertamento, fatto salvo che l’Agente della Riscossione non inizi la riscossione per oltre un anno (circostanza molto improbabile), decorso il quale occorre la notifica dell’atto di intimazione di pagamento prima del pignoramento, vige ormai la regola che l’esattore esegue il pignoramento. A questo punto, le possibilità che possono prospettarsi per il contribuente che non abbia ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento possono ridursi all’impugnazione dell’avviso di presa in carico davanti al giudice tributario ai sensi dell’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992, oppure, alla impugnazione dell’atto di pignoramento presso terzi quale atto successivo all’avviso di presa in carico, per il quale ormai non è esclusa l’opposizione (agli atti esecutivi) di cui all’art. 57 del D.p.r. 602/1973 davanti al giudice ordinario[8]. Nelle more, onde evitare l’esecuzione dell’esattore il contribuente sarà costretto, nonostante il divieto del solve et repete[9], ad attivarsi per chiedere quantomeno la rateizzazione dell’importo indicato nell’avviso di presa in carico[10] fino alla decisione del giudice. Tale effetto alimenta come appare evidente specifiche criticità incidendo sulla sfera della tutela cautelare che dovrebbe sempre essere garantita al contribuente  e alla sua capacità contributiva in osservanza degli artt. 24 e 53 Cost. In buona sostanza il legislatore concentrando nell’accertamento fiscale l’esecutività, nel tentativo di accelerare la riscossione, in realtà ha ridotto le tutele del contribuente. In fine si ritiene di sottolineare che l’esecutività dettata nell’avviso di accertamento stando alla regola generale lo sottopone alle regole di notifica stabilite dall’art. 479 c.p.c. il quale subordina espressamente l’esecuzione forzata alla notifica del titolo esecutivo che deve essere effettuato alla parte personalmente[11]. Pertanto la successiva notifica dell’avviso di presa in carico, non integra l’omessa notifica dell’atto presupposto (esecutivo), con evidente illegittimità dell’esecuzione forzata sui beni del contribuente. La notifica realizza quindi il requisito essenziale quale elemento costitutivo di esistenza del titolo esecutivo, in assenza della quale si può ritenere che il titolo esecutivo non è venuto neppure a giuridica esistenza[12].

Impugnabilità dell’Avviso di Presa in Carico                                                         

Dopo aver trattato le caratteristiche fondamentali dell’avviso di accertamento esecutivo e del successivo atto di Presa in Carico, alla luce delle sopra elencate considerazioni, occorre chiedersi a questo punto, quali mezzi di tutela l’ordinamento ha previsto nella sostanza per il contribuente che riceve l’Avviso di Presa in Carico, nel caso di inesistenza della notifica o senza che gli sia stato notificato validamente l’atto presupposto, ovverosia l’avviso di accertamento. Per  l’Agenzia delle Entrate e secondo parte della giurisprudenza di merito l’avviso di presa in carico non è atto impugnabile, non essendo ricompreso tra quelli contestabili elencati nell’art. 19, del D.lgs. n. 546/1992. Invece, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza della Corte Suprema e pressoché dell’unanime dottrina, l’avviso di presa in carico dovrebbe essere ritenuto impugnabile nonostante non sia espressamente annoverato nell’elenco degli atti di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, perché tale provvedimento non avrebbe solo un contenuto informativo, ma anche funzione contestativa e sollecitatoria, e potrebbe dunque essere paragonato sul piano sostanziale a una intimazione di pagamento. Invero, l’avviso di presa in carico, sebbene non appare nell’elenco di cui al comma 1, dell’art. 19, del D.Lgs. 546/1992, che ha carattere di mero numerus clausus, sostituisce la cartella di pagamento o secondo la dottrina l’intimazione di pagamento e pertanto può ritenersi impugnabile in quanto gli atti del suddetto elenco devono essere considerati in relazione agli effetti giuridici che producono e non invece ai singoli provvedimenti nominativamente individuati[13].  L’Avviso di Presa in carico deve essere considerato quindi in ragione dei profili funzionali e contenutistici, rispetto al  nomen, così da riconoscere l‘interesse ad agire del contribuente in presenza di atti che siano sostanzialmente espressivi della pretesa tributaria.  L’atto impoesattivo che deve contenere l’intimazione ad adempiere entro il termine di 60 giorni dalla sua notifica, laddove non venga notificato e non vengano garantite al contribuente le guarentigie, ovverosia la possibilità di impugnare il primo atto con cui viene a conoscenza dell’esistenza di una pretesa tributaria a proprio carico, lo espone indissolubilmente all’azione del fisco, il quale può procedere indisturbato all’esecuzione sui beni dello stesso contribuente in caso di mancato pagamento. Gli strumenti processuali a tutela del contribuente se si assecondasse l’impostazione dell’agenzia delle entrate, sarebbero inesistenti, impedendogli così la possibilità di impugnazione dell’avviso di presa in carico e non sarebbero pertanto in grado di realizzare una vera ed effettiva tutela giurisdizionale e, a fronte di questo vuoto, l’unica possibilità sarebbe quella di dover pagare la pretesa tributaria o, altrimenti subire l’esecuzione del fisco. Parte della dottrina ammette la possibilità di impugnare un atto che non sia stato notificato (l’avviso di accertamento) contemplando quanto previsto all’art. 22, comma 4, del D.Lgs. 546/1992, dove in tema di costituzione in giudizio del ricorrente, subordina il deposito dell‘atto impugnato all‘avvenuta notifica, disponendo che unitamente al ricorso ed ai documenti previsti al comma 1, il ricorrente deposita il proprio fascicolo, con l‘originale o la fotocopia dell’atto impugnato, “se notificato”,  ed i documenti che produce, in originale o fotocopia[14]. E’ evidente però che in questo caso la mancata conoscenza dell’atto impugnato e delle motivazioni, renderebbe difficile la proposizione del ricorso e il rimedio a questo punto non può che essere quello secondo cui in mancanza della notifica dell’atto principale (avviso di accertamento), l’avviso di presa in carico quale atto successivo e sequenziale sarebbe impugnabile allorquando appunto, costituisce il primo atto con il quale il contribuente viene messo a conoscenza di una pretesa tributaria a suo carico. In tale prospettiva, la legittimazione all’impugnazione non deriverebbe dall’atto in sé, ma dalla sua lesività insita nell’atto presupposto non notificato, in quanto, in quest‘ultimo caso il contribuente avrebbe la possibilità di scegliere se impugnare solo l’atto successivo, contestando il vizio di illegittimità del procedimento di formazione, oppure proporre l’impugnazione cumulativa estendendo le proprie contestazioni anche all’atto precedente (Cfr. art. 19, comma 3, del  D.Lgs. 546/92). La Corte Suprema si è già espressa sul principio di impugnazione dell’atto successivo in mancanza di valida notifica dell’atto presupposto[15], sebbene in relazione ad atti diversi dall’avviso di presa in carico, ammettendo espressamente tale possibilità e con la più recente Ordinanza (Cfr. Cassazione Ordinanza n. 28561, del 13 maggio 2021), ribadendo ulteriormente il concetto secondo il quale al contribuente allo scopo di rendergli possibile un efficace esercizio del diritto di difesa gli è riservata la libera scelta consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli, facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria. Spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale, nel secondo caso la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o meno di tale pretesa[16].

Orbene, alla luce di quanto rappresentato, nel caso in cui al contribuente non gli venga notificato alcun avviso di accertamento, ma lo stesso riceve quale primo atto notificato dall’Amministrazione finanziaria, l’avviso di presa in carico, si può ritenere che l’Amministrazione finanziaria abbia violato il procedimento dell’accertamento esecutivo regolato nell’articolo 29, del D.l. n. 78/2010. Tale procedimento postula il rispetto di una sequenza predeterminata dal legislatore, per cui la presa in carico degli importi a debito da parte dell’Agente della Riscossione deve essere necessariamente preceduta dalla regolare notifica dell’avviso di accertamento esecutivo al contribuente ai sensi dell’articolo 29, del Dl 78/2010, giacché l’esecutività dell’avviso di accertamento comporta infatti il venire meno della necessità di notifica della cartella di pagamento. Finalmente con la più recente pronuncia, la Corte di Cassazione[17], sembra aver dato definitiva soluzione alla vexata quaestio, ribadendo che non può ritenersi esaustivo l’elenco degli atti impugnabili contenuto all’articolo 19, primo comma, Dlgs n. 546/1992 e che gli atti esclusi da tale elenco possono essere ritenuti impugnabili solo quando siano concretamente lesivi, la Corte giunge ad affermare due  principi di diritto secondo i quali: il primo “possono essere oggetto di ricorso avanti la giustizia tributaria gli atti iscritti nell’elenco di cui all’articolo 19 Dlgs n. 546/92 e tutti gli atti amministrativi aventi natura provvedimentale, capaci di incidere autoritativamente sulle situazioni giuridiche soggettive contribuenti – pubblici o privati – modificandole unilateralmente sotto il profilo sostanziale (oppositivo o pretensivo) o processuale, inerenti o conseguenti a rapporti tributari, creditori o debitori“; e il secondo “non possono essere oggetto di ricorso gli atti privi di natura provvedimentale come sopra descritta, ancorché promananti dall’Amministrazione finanziaria, da incaricati per la riscossione od organismi a questi ancillari, salvo che costituiscano la prima comunicazione con cui si palesi esistente un atto tributario di natura provvedimentale, espresso, tacito o presupposto, di cui il contribuente dimostri, anche in via presuntiva, non aver avuto notizia”.

Da tali principi si ricava, in primo luogo, che l’avviso di presa in carico non è un atto autonomamente impugnabile ed in secondo luogo, che può essere impugnato solo cumulativamente all’avviso di accertamento mai notificato ai sensi dell’art. 19, comma 3, del D.Lgs n. 546/1992, giacché costituisce il primo atto con cui si manifesta, palesandosi al contribuente, un precedente provvedimento lesivo (pretesa tributaria), che potrebbe essere espresso, tacito o anche presupposto.

Conclusioni                                                                                                    

Con l’ingresso nel sistema accertativo dell’avviso di accertamento impoesattivo, nel quale è stato concentrato in un unico atto, sia l’accertamento che la riscossione, assumendo così anche valore di titolo esecutivo e di precetto, ove quest’ultimo non sia stato regolarmente notificato o assolutamente mai notificato (caso di notifica inesistente), il contribuente si trova nelle condizioni di avere ridotte le tutele giurisdizionali se non gli fossero riservati altri mezzi di tutela. Allorché l’Amministrazione finanziaria abbia violato il procedimento dell’accertamento esecutivo regolato nell’articolo 29, del D.L. n. 78/2010, attraverso l’invalidità o l’inesistenza della notifica, il contribuente potrebbe tutelare i propri diritti nel momento in cui riceve l’avviso di presa in carico dall’Agente della Riscossione. Tale atto successivo, può essere impugnato dal contribuente azionando quale mezzo di tutela l’impugnazione cumulativa dell’avviso e dell’atto presupposto, così come imposto dalla più recente giurisprudenza della Corte Suprema[18]. L’avviso di presa in carico pertanto, quale atto sequenziale all’avviso di accertamento sarebbe impugnabile allorquando appunto, costituisce il primo atto con il quale il contribuente viene messo a conoscenza di una pretesa tributaria a suo carico.


[1] In vigore dal 1° ottobre 2011.

[2] la Legge n. 160 del 27 dicembre 2019 (art. 1, commi 784-815) ha esteso alla riscossione dei tributi locali l’istituto dell’avviso di accertamento esecutivo.

[3] Come stabilito dall’art. 42 del D.p.r. 600/1973

[4] D.L. 78/2010, art. 29, comma 1, lett.b) “b) gli atti di cui alla lettera a) divengono esecutivi decorso il termine utile per la proposizione del ricorso e devono espressamente recare l’avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato. L’esecuzione forzata è sospesa per un periodo di centottanta giorni dall’affidamento in carico agli agenti della riscossione degli atti di cui alla lettera a); tale sospensione non si applica con riferimento alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. La predetta sospensione non opera in caso di accertamenti definitivi, anche in seguito a giudicato, nonché in caso di recupero di somme derivanti da decadenza dalla rateazione. L’agente della riscossione, con raccomandata semplice o posta elettronica, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione”.

[5] Sebbene per gli importi stabiliti dall’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602

[6] Cfr. Cesare GLENDI, Notifica degli atti “impoesattivi” e tutela cautelare ad essi correlata

[7] Art. 18 della Legge 111/2023

[8] Sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale del 31.05.2018, n. 114).

[9] Corte Costituzionale Sentenza n. 21 del 31 marzo 1961.

[10] Per l’avviso di presa in carico è possibile optare per la rateizzazione ordinaria in 72 rate oppure (qualora il contribuente dimostri l’aggravamento della propria situazione tramite documentazione apposita) la rateizzazione straordinaria in 120 rate

[11] Articolo 479  c.p.c. (Notificazione del titolo esecutivo e del precetto) – Se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in copia attestata conforme all’originale e del precetto. La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti.            Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente.

[12] CARINCI Andrea, La concentrazione della riscossione nell’accertamento (ovvero un nuovo Ircocervo tributario)

[13] La giurisprudenza di legittimità ha affermato, con orientamento ormai consolidato, che l‘elenco di atti impugnabili di cui all‘art. 19, D.Lgs. 546/1992 non debba ritenersi tassativo e di stretta interpretazione nominalistica, ma, al contrario, che spetti al giudice tributario, cui è devoluta l‘impugnazione circa la legittimità dell‘atto notificato al contribuente, valutarne il contenuto, sostanzialmente impositivo (Cass 8.10.2007, n. 21045; Cass.3466/2021);

BASILAVECCHIA, Funzione impositiva e forme di tutela, Torino, 2009, 29 – L’elenco di atti indicati nell’art. 19 D.lgs. 546/92 è stato inteso quale selezione di ipotesi di “crisi di cooperazione”, tra amministrazione e contribuente, sufficientemente qualificate da giustificare e meritare, esse sole, l’intervento del giudice, nel rispetto della ideale celerità e speditezza dell’azione dell’amministrazione finanziaria.

[14] BOLETTO Giulia, Tutela del Contribuente nella fase di esecuzione forzata in caso di omessa o irregolare notifica del titolo esecutivo

[15] Cassazione Sezioni Unite Sentenza n. 16412 del 25 luglio 2007; Cassazione Sezioni Unite Sentenza n. 5791 del 4 marzo 2008.

[16] Cassazione Ordinanza n. 2856 del 13 maggio 2021,  “In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli, facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa”.

[17] Corte di Cassazione Sentenza n. 21254 del 19 luglio 2023

[18] Corte di Cassazione Sentenza n. 21254 del 19 luglio 2023

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