Postazioni pc con libero accesso ad internet non provano di per sé un illecito
Il Dlgs n. 504/1998, con l’istituzione dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, ha regolato il sistema della tassazione dei giochi, dei soggetti passivi, dell’imponibile e delle aliquote, nonché delle sanzioni. Il legislatore, nell’intento di colpire il gioco illegale, ha regolato il meccanismo sanzionatorio, esponendo gli operatori economici ad una molteplicità di imposte e sanzioni, che sovrapponendosi, appaiono contrarie al principio del ne bis in idem.
IMPOSTA UNICA SULLE SCOMMESSE
L’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è stata istituita con il Dlgs 23 dicembre 1998, n. 504 e regola il sistema impositivo nel settore dei giochi. L’imposta così come è stata strutturata si applica ai concorsi pronostici e alle scommesse di qualunque tipo (sportive e non sportive) e relativi a qualunque evento, anche se svolto all’estero. Rientrano nel regime dell’imposta unica anche le scommesse diverse da quelle ippiche e sportive, prima sottoposte al l’imposta sugli spettacoli. A parere dell’Aams, l’imposta unica sulle scommesse rientra tra le imposte indirette poiché il tributo non colpisce il reddito o il patrimonio e, quindi, si applica sul consumo del prodotto “scommessa” e, pertanto, quale elemento tipico delle imposte indirette il relativo onere può essere trasferito sul consumatore (giocatore), aumentando il costo della scommessa. Si tratta di un tributo non armonizzato in ambito europeo e, pertanto, le relative regole in ordine alla base imponibile, ai soggetti passivi e alle aliquote, sono poste esclusivamente dalla legislazione nazionale. Autorevolissima dottrina1 considera l’imposta sulle scommesse a totalizzatore o a quota fissa un’imposta sostitutiva che sostituisce ogni altra forma di prelievo. L’imposta viene annoverata tra le imposte surrogatorie, in quanto «tributo speciale che surroga una serie di altre imposte quando riferibili ad una manifestazione economica unitaria»2 . L’imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell’attività “contingentata” ovvero il cui esercizio è riservato a pochi, si avvantaggia economicamente di una posizione privilegiata. Il presupposto dell’imposizione non può rinvenirsi nella giocata in sé, ma nella prestazione di un servizio che è il servizio di gioco.
L’imposta è comunque dovuta ancorché la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal ministero dell’Economia e delle Finanze-Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato3 .
In buona sostanza il prelievo è strutturato sul paradigma dell’obbligazione ex lege (e perciò coattivo), nasce cioè dalla legge che lo ricollega indirettamente ad un presupposto economico (l’organizzazione e l’esercizio delle scommesse) ed è dovuto, a titolo definitivo, dal soggetto passivo indipendentemente dalla sua volontà ed al fine di contribuire alle spese pubbliche o meglio a finanziare l’Unire (trasformato in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – Assi).
SOGGETTI PASSIVI
In ordine alla definizione del soggetto passivo d’imposta, l’articolo 3 del Dlgs n. 504/1998 stabilisce che: «Soggetti passivi dell’imposta unica sono coloro í quali gestiscono, anche in concessione, i
concorsi pronostici e le scommesse». Sotto il profilo letterale, il termine “gestire” ha il significato di amministrare un’impresa economica anche per conto di terzi. Pertanto, si ricomprendono tra i
soggetti passivi, certamente coloro i quali sono dotati di regolare concessione autorizzatoria rilasciata dall’Aams per la relativa attività di scommesse.
Si tratta dei soggetti i quali hanno sottoscritto quali operatori di gioco, la convenzione di concessione con l’Aams e assunto l’obbligo del versamento del tributo così come determinato dal totalizzatore nazionale (che, come noto, si registra telematicamente su tutte le operazioni effettuate, su cui di determina la base imponibile ed il tributo da versare). Soggetti passivi dell’imposta unica sono inoltre tutti coloro i quali gestiscono, anche in mancanza di concessione da parte dei Monopoli di Stato, i concorsi pronostici e le scommesse.
Infatti, il tributo non ha natura d’imposta sulla persona, ma colpisce l’attività esercitata in senso oggettivo e, pertanto, il presupposto per il pagamento dell’imposta si realizza con l’esercizio dell’attività, sia che essa sia effettuata senza alcuna autorizzazione o con autorizzazione scaduta, sia che si realizzi per conto di terzi. A tal proposito, nella Comunicazione dell’Aams del 7 giugno
2012, n. 2, viene chiarito che deve versare l’imposta unica anche il centro scommesse abusivo che con qualunque mezzo abbia esercitato la propria attività di scommesse (anche telematico, per conto proprio o di terzi) e ciò in forza dell’interpretazione autentica della legge 220/20104 che chiarisce la sfera applicativa e la portata della norma (articolo 3 del Dlgs n. 504/1998).
Anche la Suprema Corte di Cassazione, secondo una giurisprudenza ormai consolidata, ha stabilito il principio di diritto che nell’ipotesi in cui l’attività venga esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni5 .
BASE IMPONIBILE E ALIQUOTE
Per le scommesse la base imponibile coincide con la somma giocata; infatti, ai sensi dell’articolo 2 del Dlgs n. 504/1998, la base imponibile per i concorsi pronostici è costituita dall’intero ammontare della somma corrisposta dal concorrente per il gioco al netto di diritti fissi e compensi ai ricevitori.
La base imponibile dell’imposta è distinta a seconda che si tratti di concorsi pronostici o scommesse.
Nel primo caso la base imponibile è costituita dall’ammontare della somma corrisposta dal concorrente al netto dei diritti fissi e dei compensi
spettanti ai ricevitori e nel secondo caso dall’ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa.
Il soggetto passivo è il concessionario o, come vedremo più avanti, nel caso di accertamenti e verifiche dell’agenzia delle Dogane su qualsiasi esercizio pubblico dove si rinvengono apparecchiature
o videoterminali collegati a siti da gioco illegali, il titolare è soggetto all’imposta calcolata forfetariamente6 .
L’imposta è articolata con aliquote stabilite nell’articolo 4 del Dlgs n. 504/1998, distinte tra i concorsi pronostici, dove è prevista l’aliquota unica del 26,80% e le scommesse dove invece sono
previste diverse aliquote d’imposta7 :
› per i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e per il gioco del bingo a distanza, nella misura del 25% delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore;
› per le scommesse a quota fissa, escluse le scommesse ippiche, nelle misure del 20%, se la raccolta avviene su rete fisica, e del 24%, se la raccolta avviene a distanza, applicata sulla differenza tra le somme giocate e le vincite corrisposte;
› per le scommesse a quota fissa su eventi simulati di cui all’articolo 1, comma 88, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella misura del 22% della raccolta al netto delle somme che, in base al regolamento di gioco, sono restituite in vincite al giocatore.
Le modalità di liquidazione dell’imposta cambiano a seconda se gli avvenimenti hanno per oggetto scommesse a totalizzatore e a quota fissa o concorsi pronostici, e a seconda se i gestori si avvalgono o meno di sistemi informatici. L’imposta è dovuta utilizzando il modello F24 entro il giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento, mentre se l’importo dovuto non supera 26 euro, il versamento è effettuato insieme a quello del mese successivo.
Ai fini degli eventuali accertamenti della base imponibile, la rilevanza della base imponibile sottratta od occultata è subordinata all’avvenuto controllo da parte dell’Aams. Le modalità ed i termini
di comunicazione all’agenzia delle Entrate sono definiti con provvedimento del Direttore generale dell’Aams, di concerto con la Guardia di finanza8 .
ACCERTAMENTO FISCALE E CONTROLLI
Dopo aver trattato le caratteristiche fondamentali dell’imposta unica sulle scommesse, sia in ordine al presupposto della tassazione, che in riferimento al soggetto passivo d’imposta, tralasciando i casi di accertamento nei confronti degli operatori privi di concessione o che esercitano abusivamente attività di scommesse e concorsi pronostici per conto di bookmaker esteri, merita in questa sede di essere esaminata la casistica piuttosto frequente, relativa all’attività di internet point e le ripercussioni che scaturiscono sui loro titolari in ordine ai controlli da parte degli agenti delle dogane. Ci riferiamo alle circostanze in cui vengono scoperti sui videoterminali (personal computer) destinati all’attività di internet point collegamenti a siti di gioco considerati illegali. Nel caso in specie agli operatori vengono inflitte numerose sanzioni tra loro sovrapposte che per certi aspetti confliggono sia con il cumulo giuridico, che con il principio del ne bis in idem. L’infrazione contestata trae origine dalla disciplina dei giochi a distanza dettata dall’articolo 24, comma 11, e seguenti, della L. 7 luglio 2009, n. 88, che prevede le modalità di commercializzazione del gioco online il quale dev’essere effettuato in via esclusiva attraverso il canale telematico con esclusione della rete fisica. Ad essa segue la sanzione per la raccolta abusiva delle giocate in violazione dell’articolo 2, comma 2-bis, della L. 25 marzo 2010, n. 40, la quale si configura allorché vengono messe a disposizione apparecchiature che attraverso la connessione telematica consentono di giocare su piattaforme di gioco non autorizzate 9 . Il criterio su cui l’agenzia delle Dogane fonda il presupposto della violazione di legge, consiste nella equiparazione dei personal computer o videoterminali giacché di per sé idonei ad essere impiegati attraverso la connessione telematica al gioco illegale, alle cd. apparecchiature utilizzate per l’esercizio del gioco on-line, anche se nell’elenco riportato nell’articolo 110, comma 6 e 7, del Rd 18 giugno 1931, n. 773 non risultano specificatamente indicati.
In buona sostanza, rebus sic stantibus qualsiasi attività di internet point, di per sé sarebbe potenzialmente idonea, ad essere censurata, configurando così anche nel caso in cui non vi sia dolo da parte del titolare una responsabilità oggettiva di quest’ultimo.
GLI APPARECCHI DA GIOCO E I PERSONAL COMPUTER
Come argomentato in precedenza, l’equiparazione dei personal computer a qualsiasi apparecchio da gioco non appare in sintonia con lo spirito della legge. Il precetto normativo che viene in rilievo è l’articolo 7, comma 3-quater, del Dl n. 158/2012 (Decreto Balduzzi), dove si legge che «è vietata la messa a disposizione, presso qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentono ai clienti di giocare sulle piattaforme da gioco messe a disposizione dai concessionari on-line», la cui condotta viene sanzionata dall’articolo 1, comma 923, della L. n. 208/201510 . La formula utilizzata dal legislatore, “apparecchiature”, in realtà si presta a diverse interpretazioni proprio per la sua genericità, ma la Circolare dell’agenzia delle Dogane, la relazione illustrativa di accompagnamento alla L. n. 208/2015, come vedremo più avanti e l’ormai consolidata giurisprudenza di diversi tribunali, hanno contribuito a fare chiarezza sulla corretta interpretazione del termine “apparecchiature” 11 .
Del resto, un’interpretazione estensiva di tali apparecchiature, infatti, finirebbe per ricomprendervi ogni strumento che sia di per sé idoneo a consentire la connessione ad internet, atteso che per poter giocare su una piattaforma di gioco a distanza occorre essere titolari di un conto di gioco che si acquisisce a seguito della sottoscrizione di un contratto con un concessionario di gioco a distanza ed essere in possesso di personali credenziali di accesso al conto di gioco. A stretto rigore di logica, pertanto, un personal computer a navigazione libera (cioè, non bloccato su un determinato sito web) non è (di per sé solo) idoneo a consentire ai clienti privi di conto di gioco di giocare sulla piattaforma di un concessionario, ma resta pur sempre destinato in via assolutamente ordinaria e prevalente a consentire a chiunque la libera navigazione in internet per il soddisfacimento delle più diverse esigenze estranee al mondo dei giochi. A corroborare tale argomentazione come già anticipato, basta fare riferimento alla Circolare n. 0019453 del 6 marzo 2014 con la quale l’agenzia dei Monopoli ha ritenuto di dover tracciare i confini del concetto di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano agli utenti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari online definendole in base alle concrete ed effettive caratteristiche fisiche. La richiamata Circolare precisa, altresì, che l’uso di di personal computer, tablet p.c., iPad, ecc., che consentano la libera navigazione sul web è ritenuto illegale, allorquando vengono messi a disposizione dei clienti, con le specifiche finalità di consentire la connessione a siti di gioco, considerati illegali, mentre, non sussiste alcuna violazione quando sono messi a disposizione degli utenti, per le finalità che consentono la libera navigazione sul web. Vieppiù, lo stesso Legislatore in occasione dell’approvazione della legge di Bilancio 2016, ha voluto meglio tracciare il perimetro di applicazione attraverso la precisa indicazione delle finalità della norma. Infatti, la relazione illustrativa di accompagnamento della L. 28 dicembre 2015 n. 208, in commento all’articolo 1, comma 923 (disposizione con la quale è stata introdotta la sanzione amministrativa pecuniaria di 20.000,00 euro per la violazione del divieto posto dal citato articolo 7, comma 3-quater, del Dl n. 158/2012), fa espresso riferimento ai cd. totem. La suddetta relazione illustrativa, in vero così recita: «Con la disposizione (comma 923) viene introdotta la previsione di una sanzione amministrativa e ulteriori norme di contrasto al gioco illegale riferite in particolare agli apparecchi cd. TOTEM che consentono il collegamento su piattaforme web ed a siti online». Ove il legislatore avesse voluto riferire il divieto di messa a disposizione di “qualsiasi” apparecchiatura che consentisse la connessione ad internet lo avrebbe detto esplicitamente ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, così come ha fatto, invece, nel formulare la disposizione sanzionatoria di cui all’articolo 1, comma 923, della L. n. 208/2015 relativamente all’offerta di “giochi promozionali”12 . In tale contesto, dunque, non può non essere valorizzata la differente formulazione dei divieti posti dalle richiamate disposizioni legislative: mentre nella norma di cui all’articolo 7, comma 3-quater, del Dl n. 158/2012 si parla di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco, viceversa nella disposizione introdotta dall’articolo 1, comma 923, della L. n. 208/2015, relativa al divieto di offerta di giochi promozionali, lo stesso legislatore ha utilizzato la ben più ampia e comprensiva espressione di qualunque tipologia di apparecchi situati in esercizi pubblici idonei a consentire la connessione telematica al web. Appare evidente, dunque, che, mentre in quest’ultima definizione possono essere senz’altro ricompresi anche i semplici personal computer a navigazione libera, altrettanto non può dirsi a proposito della definizione utilizzata per definire la condotta vietata dall’articolo 7, comma 3-quater, del Dl 158/2012. Appare del tutto evidente, pertanto, come tale precetto legislativo non possa, senza violare il principio di tassatività, essere esteso (in via interpretativa) fino a ricomprendervi la ben diversa ed estranea condotta omissiva del titolare del pubblico esercizio, il quale permetta al cliente di connettersi ad una qualsiasi piattaforma attraverso il personal computer messo a disposizione per la libera navigazione internet.
Si comprende, pertanto, come l’unico discrimine consiste nell’ipotesi in cui il titolare del pubblico esercizio agisca con dolo, ovverosia nel caso in cui metta a disposizione degli utenti videoterminali con l’esplicita finalità di consentire l’accesso a piattaforme da gioco illegali. Per completezza occorre anche definire l’ambito di applicazione dell’articolo 110 del Rd n. 773/1931, dove
vengono elencati una serie di apparecchi da intrattenimento dotati di caratteristiche particolari, ma mai i personal computer e, pertanto, è chiaro come neanche la disposizione in esame possa essere richiamata come strumento da cui possano essere irrogate violazioni di legge a coloro i quali nel proprio esercizio commerciale detengano o mettano a disposizione dell’utenza semplici personal computer, i quali nascono con caratteristiche del tutto differenti rispetto agli apparecchi elencati e disciplinati ai commi 6 e 7 dell’articolo 110 del
Tulps e che non sono destinati al gioco, nemmeno indirettamente. La disposizione in argomento in vero mira a sanzionare chi produce, distribuisce o installa apparecchi che presentano caratteristiche difformi da quelli previsti dai commi 6 e 7, ma che nascono ab origine come apparecchi da intrattenimento destinati esclusivamente al gioco13 .
L’IMPIANTO SANZIONATORIO
L’impianto sanzionatorio e il meccanismo di determinazione della materia imponibile nei casi di accertamento dell’Adm, espone gli operatori economici ad una molteplicità di imposte e sanzioni, che ,come vedremo, appare contraria al principio del ne bis in idem. L’operatore economico in vero, si trova esposto ai seguenti precetti:
› l’accertamento emesso dall’Adm, a mezzo del quale viene calcolato forfetariamente l’imponibile su cui si determina l’imposta unica sulle scommesse14 , ovverosia moltiplicando un imponibile medio forfetario giornaliero di euro 3.000 per trecentosessantacinque giorni di presunta operatività dell’apparecchio e su cui viene calcolata l’imposta del 6%;
› sull’importo così determinato, l’Ufficio calcola la sanzione amministrativa così come imposto dall’articolo 5, comma 1, del Dlgs n. 504/1998, nella misura dal 120% al 240% dell’imposta evasa;
› in seguito, l’agenzia delle Dogane comunica all’agenzia delle Entrate la rilevanza della base imponibile calcolata forfetariamente, accertata ai fini dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse15 , affinché attraverso un successivo avviso di accertamento, le Entrate lo pongono a base delle rettifiche ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore aggiunto
e dell’imposta regionale sulle attività produttive, su cui vengono determinate le ulteriori sanzioni16 ;
› infine, il titolare dell’esercizio pubblico è soggetto, oltre al pagamento dell’imposta unica sulle scommesse e della relativa sanzione, ad un’ulteriore sanzione amministrativa pecuniaria di 20.00017 euro, la quale se non è pagata nei termini viene aumentata di ulteriori 12.000 euro a titolo di maggiorazione per ritardato pagamento di sanzione amministrativa18 .
Senza entrare nei particolari relativi ai termini di decadenza stabiliti per la comunicazione dell’imponibile forfetario che l’Adm deve comunicare all’Ade19 , ciò che qui assume particolare rilevanza è il meccanismo di applicazione delle sanzioni, nel senso che la violazione viene colpita da una pluralità di sanzioni, le quali anche se formalmente di natura amministrativa di per sé conducono
a conseguenze afflittive. In altri termini, la sanzione amministrativa così come è stata strutturata configurerebbe una sanzione formalmente amministrativa, ma nella sostanza di natura penale,
compromettendo il principio del ne bis in idem. Il principio del ne bis in idem, quale presidio di garanzia, nasce in ambito penale, ma, sotto l’influenza delle Corti europee, viene esteso all’ambito
tributario come divieto di doppio giudizio (concezione cd. procedurale) o divieto di doppia sanzione (concezione cd. sostanziale). Nell’ordinamento italiano, il nostro principio si trova consacrato nell’articolo 649 c.p.p., mentre in ambito europeo esso fa perno sull’articolo 4, Prot. 7, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu) e sull’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali Ue.
Strettamente collegato al meccanismo di determinazione delle sanzioni è il fenomeno della proporzionalità delle stesse. La Corte Costituzionale è intervenuta più volte sul fenomeno della proporzionalità delle sanzioni, con una prima pronuncia, la n. 95 del 14 aprile 2022, dove il Giudice delle leggi ha dichiarato che il principio di proporzionalità della sanzione penale – elaborato dalla Corte stessa fin dagli anni Ottanta – deve ritenersi applicabile non solo alle pene in senso stretto, bensì anche a tutte le sanzioni amministrative che, pur essendo formalmente denominate come tali, presentano in realtà un carattere e una finalità intrinsecamente punitivi. Recentemente, inoltre, con la pronuncia n. 46 del 17 marzo 2023, la Consulta ha precisato, da un lato, che
il principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito è applicabile anche alla generalità delle sanzioni amministrative e, dall’altro, che anche per le sanzioni amministrative
si prospetta l’esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato, in particolare dando rilievo al disvalore concreto di
fatti pure ricompresi nella sfera applicativa della norma. Ciò in quanto «il principio di proporzionalità postula l’adeguatezza della sanzione al caso concreto e tale adeguatezza non può essere raggiunta se non attraverso la concreta valutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella commissione dell’illecito» (Sentenza n. 161 del 2018).
Come appare evidente, le sanzioni applicate così come le modalità forfetarie di calcolo dell’imponibile su cui viene determinata l’imposta unica sulle scommesse e le altre imposte dirette e indirette ha un forte impatto sugli operatori economici, soprattutto su coloro i quali, come nel caso degli esercizi di internet point, non hanno agito con dolo, ovverosia che non hanno messo a disposizione degli utenti i personal computer con finalità di accesso alle piattaforme da gioco illegale. Alla luce delle suddette considerazioni, appare necessario un intervento affinché venga rimodulata la sproporzione rispetto alla contestazione e/o al tributo da versare e l’occasione può essere data dalla Delega fiscale che prevede la revisione del sistema sanzionatorio in materia di imposte dirette e indirette al fine di rendere proporzionali le sanzioni allineandole al sistema europeo.
1 Cfr A. Fantozzi, Il diritto tributario, Torino, 2003, p. 195, in tal seno anche E. Potito, L’ordinamento tributario italiano, Milano, 1978, p. 356 e 665 e C. Bafile, Imposta, in op. cit., p. 8.
2 Cfr A. Fantozzi, Il diritto tributario, op. cit., p. 64. In tal senso implicitamente si rinviene anche in F. A. Repaci, op.cit., p. 209 quando sostiene che «l’imposta unica … riunisce elevando l’aliquota, la tassa di lotteria, diritti erariali e imposta generale sull’entrata, ed è ancora sostitutiva dell’imposta di ricchezza mobile e della imposta complementare».
3 Articolo 1, comma 66, della Legge 13 dicembre 2010, n. 220.
4 Articolo 1, comma 66, lett. b), della Legge 13 dicembre 2010, n. 220.
5 Corte di Cassazione, Ordinanza n. 28883 del 5 ottobre 2022; Corte di Cassazione, Sentenza n. 2689 del 28 gennaio 2022.
6 Articolo 1, comma 646, della L. 23 dicembre 2014, n. 190.
7 Articolo 1, comma 1052, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.
8 Provvedimento 23 aprile 2012, prot. 367/CGN.
9 Articolo 7, comma 3-quater, Dl n. 158/2012 (Decreto Balduzzi).
10 Che prevede «Ferma restando l’applicazione dell’articolo 1, comma 646, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, in caso di violazione dell’articolo 7, comma 3-quater, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, il titolare dell’esercizio è punito con la sanzione amministrativa di euro 20.000,00; la stessa sanzione si applica al proprietario dell’apparecchio. Il divieto di cui al precedente periodo e la sanzione ivi prevista si applicano, altresì, nell’ipotesi di offerta di giochi promozionali di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, per il tramite di qualunque tipologia di apparecchi situati in esercizi pubblici idonei a consentire la connessione telematica al web. Il titolare della piattaforma dei giochi promozionali è punito con la sanzione amministrativa da euro 50.000,00 a euro 100.000,00».
11 Vedi Trib. Termini Imerese sentenza n. 714/2019 del 13 settembre 2019; Trib. Bari 4 giugno 2020 (due pronunce); Trib. Lecce agosto 2021; Trib. Benevento 24 febbraio 2023, n. 518; Trib. Avellino 22 ottobre 2021 con la quale si evidenzia «una ormai pacifica lettura in senso restrittivo dell’articolo 7, comma 3 – quater, del Decreto Balduzzi che non considera la mera presenza di postazioni PC con libero accesso ad internet elemento costitutivo dell’illecito, a meno che non venga provata la loro esclusiva messa a disposizione al fine specifico del gioco on line».
12 Si legge, infatti, in tale norma: «in caso di violazione dell’articolo 7, comma 3-quater, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, il titolare dell’esercizio è punito con la sanzione amministrativa di euro 20.000,00; la stessa sanzione si applica al proprietario dell’apparecchio.
13 Cassazione, con Ordinanza 4537/2021, che chiarisce la portata della nozione di “apparecchio videoterminale”. Tale pronuncia ci aiuta ad affermare, senza tema di smentita, che un semplice personal computer, collegato ad interneted attraverso il quale è possibile raggiungere siti di gioco, non può essere sanzionato per la violazione dell’articolo 110, comma 9, lett. f) ter e quater del Tulps.
14 Calcolata forfetariamente ai sensi dell’articolo 1, comma 646, della L. n. 190/2014.
15 Dlgs 23 dicembre 1998, n. 504.
16 Articolo 1, comma 67, della L. 13 dicembre 2010, n. 220.
17 Articolo 1, comma 648, della L. 23 dicembre 2014, n. 190.
18 Articolo 27, comma 6, L. n. 689/1981.
19 L’articolo 1, comma 67, della L. n. 220/2010 dispone che la base imponibile calcolata dall’Adm forfetariamente è posta a base per l’accertamento delle imposte dirette e indirette, sottoponendo la comunicazione tra l’Adm e l’Ade ad un provvedimento del Direttore Generale dell’Adm, di concerto con quello dell’Ade e del Comandante della GdF. Il provvedimento di cui trattasi è stato
pubblicato il 23 aprile 2012 (provvedimento prot. 367/CGN) e fissa i suddetti termini in 30 giorni.
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