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Con la Legge di Bilancio 2023, il Legislatore ha voluto aprire la partita per la definizione agevolata nei rapporti pendenti tra Fisco e contribuenti, lasciando fuori tutti i crediti erariali scaturenti dal recupero degli Aiuti di Stato, i crediti derivanti da Iva all’importazione e la procedura di collaborazione volontaria.
Il Governo ha introdotto alcuni strumenti volti a ridurre, da un lato, il contenzioso tributario in tutti i gradi di giudizio e, dall’altro, i carichi pendenti presso l’Agente della riscossione, mediante lo stralcio dei ruoli fino a 1.000 euro inclusi nelle cartelle 2000-2015, nonché la possibilità di definire, attraverso la cancellazione delle sanzioni, degli interessi e dell’aggio, i ruoli relativi al periodo 1° gennaio 2000-30 giugno 2022 (rottamazione-quater). Tra le varie agevolazioni ha previsto altresì anche la possibilità di definizione degli avvisi di irregolarità attraverso il pagamento di una sanzione ridotta al 3%.
In particolare, i provvedimenti agevolativi possono così sintetizzarsi:
1. definizione agevolata delle somme dovute dal contribuente a seguito del controllo automatizzato (avvisi di irregolarità – commi 153-159);
2. sanatoria delle irregolarità formali (commi 166-173);
3. ravvedimento operoso (speciale) (commi 174-178);
4. definizione agevolata degli accertamenti o acquiescenza (commi 179-185);
5. regolarizzazione dei versamenti (commi 219-221);
6. stralcio automatico dei ruoli fino a euro 1.000 (comma 222).
7. definizione parziale di tutti i carichi affidati all’Agente della Riscossione nel fino a giugno 2022 (rottamazione-quater – commi 231-252);
8. definizione liti pendenti in ogni grado di giudizio (commi 186-205);
9. conciliazione agevolata delle liti pendenti (commi 206-212);
10. rinuncia agevolata alla causa pendente in Cassazione (commi 213-218).

Definizione agevolata delle somme dovute dal contribuente a seguito del controllo automatizzato
Tra le misure agevolative della Legge di Bilancio 2023, partiamo proprio dalla possibilità di definizione delle comunicazioni di irregolarità ex art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 e art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972 (avvisi bonari), relative alle dichiarazioni dei redditi, dell’Iva, dei sostituti d’imposta (mod. 770) e Irap, in riferimento al periodo d’imposta 2019, 2020, 2021.
L’agevolazione consiste nella riduzione delle sanzioni dovute a seguito del controllo automatizzato, dal 10 al 3 per cento, senza alcuna riduzione delle imposte e dei contributi non versati. La condizione per l’accesso all’agevolazione è che le comunicazioni di cui trattasi non devono essere scadute1 alla data di entrata della Legge di Bilancio o che siano comunque recapitate dopo l’entrata in vigore della legge.
Il Legislatore ha concesso la possibilità di definizione agevolata anche per le dichiarazioni per le quali, alla data del 1° gennaio 2023, è in corso un piano di rateizzazione e solo per il pagamento del debito residuo. L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato un foglio di calcolo al fine di aiutare i contribuenti nella determinazione dell’importo residuo ancora da versare.
In caso di mancato pagamento in tutto o in parte delle somme dovute, la definizione non produce effetti e si applicano le sanzioni ordinarie. Il Legislatore, al comma 158 della Legge di Bilancio, ha stabilito anche una deroga di un anno sui termini di decadenza per le somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni relative all’anno d’imposta 2019.
In buona sostanza, le dichiarazioni presentate nell’anno 2020 (dichiarazione 2019), il cui termine ordinario di notifica della cartella di pagamento scadrebbe il 31.12.2023 (entro il terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione ex art. 25, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 602/1973), con la novella introdotta dal comma 158, andrebbero a scadere il 31.12.2024.

Sanatoria delle irregolarità formali
Con la Legge di Bilancio viene riproposta la vecchia sanatoria delle irregolarità formali (art. 9 D.L. n. 119/2018), relativa a infrazioni e inosservanze di obblighi o adempimenti di natura formale, irrilevanti ai fini della determinazione della base imponibile Irpef,
Irap e Iva, commesse sino al 31 ottobre 2022. Le irregolarità possono essere sanate con il pagamento di euro 200 per ogni annualità.
Per poter perfezionare la regolarizzazione delle violazioni formali, occorre rimuovere le irregolarità o le omissioni ed eseguire il pagamento da effettuarsi in due rate di pari importo e da versare rispettivamente entro il 31 marzo 2023 e il 31 marzo 2024 (stranamente non è stata prevista la possibilità di pagamento in un’unica soluzione).

Non sono sanabili le violazioni relative agli atti di contestazione o irrogazione delle sanzioni emessi nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria di cui all’art. 5-quater D.L. n. 167/1990 (la procedura non potrà essere esperita dai contribuenti per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato). Saranno escluse dalla sanatoria, inoltre, tutte le irregolarità, infrazioni e inosservanze di obblighi o adempimenti, di carattere formale, già contestate in atti divenuti definitivi alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio 2023.
Anche in questo caso il Legislatore ha operato una deroga, prorogando di due anni la decadenza relativa alle violazioni formali commesse fino al 31 ottobre 2022 che sono state oggetto di verbale di contestazione (PVC).
Appare opportuno sottolineare che già l’Agenzia delle Entrate, in occasione della definizione agevolata delle irregolarità formali concessa con l’art. 9 del D.L. n. 119/2018, aveva fornito appositi chiarimenti corredati da un elenco di violazioni sanabili con la circolare 15 maggio 2019, n. 11/E (elenco, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo). Occorrerà capire se l’elenco rappresentato nella suddetta circolare sia ancora valido e attendere il provvedimento che il Direttore dell’Agenzia delle Entrate dovrà emanare per disciplinare le modalità operative di attuazione della sanatoria.

Ravvedimento operoso speciale
Viene prevista anche la definizione delle violazioni diverse da quelle precedentemente illustrate, riguardanti le dichiarazioni validamente presentate relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2021 e a quelli precedenti. Rientrano certamente tra le dichiarazioni valide anche quelle tardivamente presentate, ovvero quelle presentate entro i 90 giorni dalla data di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione.
Si tratta di un ravvedimento operoso speciale previsto per le violazioni relative ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate. Ai fini del perfezionamento del ravvedimento, il Legislatore ha previsto delle sanzioni ultra-ridotte a 1/18 del minimo edittale delle sanzioni irrogabili, oltre all’imposta e agli interessi dovuti. Il versamento può essere effettuato in 8 rate trimestrali di pari importo, con la prima rata fissata per il
31 marzo 2023. Le rate successive dovranno essere versate rispettivamente entro il:
• 30 giugno,
• 30 settembre,
• 20 dicembre
• e il 31 marzo di ogni anno, con l’aggiunta degli interessi del 2 per cento annuo.
La legge prevede precise condizioni ostative, ovverosia che le violazioni non siano già state constatate alla data di versamento dell’importo dovuto (o della prima rata), con atto di liquidazione, di accertamento o di recupero, di contestazione e di irrogazione delle sanzioni, comprese le comunicazioni relative al controllo formale della dichiarazione di cui all’art. 36-ter D.P.R. n. 600/1973.
La regolarizzazione si perfeziona con il pagamento della prima rata o dell’importo dovuto entro il 31 marzo 2023 e con la rimozione delle irregolarità od omissioni. Il mancato pagamento in tutto o in parte di una sola rata comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo degli importi ancora dovuti, nonché della sanzione applicata al residuo d’imposta ancora dovuto. Nell’ipotesi di decadenza, la cartella di pagamento dovrà essere notificata a pena di decadenza entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è avvenuta la decadenza dal piano di rateazione. Appare opportuno segnalare che è prevista la possibilità di effettuare il pagamento della rata, senza incorrere nella decadenza del beneficio, entro il termine di scadenza della rata successiva. Il ravvedimento non è consentito per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato.

Definizione agevolata degli accertamenti o acquiescenza
Il Legislatore ha dato anche il via libera alla definizione agevolata degli avvisi di accertamento con adesione relativi a processi verbali di constatazione, avvisi di accertamento, avvisi di rettifica e di liquidazione non impugnati, ma ancora impugnabili alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio, nonché a quelli notificati successivamente, entro il 31 marzo 2023.
Anche gli avvisi di accertamento e gli avvisi di rettifica e liquidazione possono essere definiti per acquiescenza, purché non impugnati o ancora impugnabili alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio o notificati dall’Agenzia delle Entrate successivamente, ma comunque entro la data del 31 marzo 2023.
È prevista, altresì, la definizione agevolata per gli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio, nonché quelli notificati dall’Agenzia delle Entrate successivamente, entro il 31 marzo 2023.
L’unico vantaggio, ravvisabile da tutte le sopra citate definizioni, consiste nella sola riduzione delle sanzioni nella misura di 1/18 del minimo edittale.
Il pagamento delle somme dovute a seguito della definizione agevolata può essere effettuato anche ratealmente, in un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre, oltre agli interessi legali. Il pagamento della prima rata deve avvenire entro i termini per la presentazione del ricorso. È esclusa la possibilità per i contribuenti di effettuare il versamento tramite compensazione con il modello F24, così come sono esclusi dall’agevolazione gli atti emessi in attuazione della collaborazione volontaria.
Appare opportuno segnalare come, per le definizioni agevolate indicate nel complesso dei commi 179-185, non siano indicati i termini collegati alla possibilità di decadenza dal beneficio della rateazione qualora il contribuente ometta o ritardi oltre il trimestre
successivo il pagamento di una rata, così come le previsioni relative al recupero delle somme ancora dovute attraverso l’iscrizione a ruolo, della notifica della cartella di pagamento, nonché della sanzione applicata al residuo d’imposta ancora dovuto. Con molta probabilità si è trattato di una mera svista.

Regolarizzazione dei versamenti
Nei commi 219-221 della Legge di Bilancio è contenuta la disciplina relativa alla regolarizzazione degli omessi versamenti di rate pregresse riconducibili a dilazioni di pagamento ottenute all’adesione a istituti deflattivi, quali: accertamento con adesione, acquiescenza di avvisi di accertamento, di rettifica e liquidazione, nonché quelle scaturenti da reclamo o mediazione di cui all’art. 17-bis D.Lgs. 546/1992, scaduti alla
data di entrata in vigore della Legge di Bilancio e per i quali non è stata ancora notificata la cartella di pagamento o l’atto di intimazione di pagamento.
Rientrano nella definizione agevolata anche le somme dovute in riferimento alle conciliazioni giudiziali previste dagli artt. 48 e 48-bis D.Lgs. n. 546/1992, già scaduti alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio e, anche in questo caso, ove manchi ancora la notificata della cartella di pagamento o l’atto di intimazione di pagamento.
La definizione può essere effettuata soltanto attraverso il pagamento integrale della sola imposta e si perfeziona con il versamento che dovrà effettuarsi entro il 31 marzo 2023, in un’unica soluzione o in un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo oltre agli interessi legali, rispettivamente con scadenza:
• 31 marzo 2023 (prima rata),
• 30 giugno,
• 30 settembre,
• 20 dicembre
• e 31 marzo di ciascun anno, senza possibilità di compensare nel modello F24.
In caso di mancato perfezionamento, l’Agenzia delle Entrate procede con l’iscrizione a ruolo dei residui importi ancora dovuti a titolo d’imposta, calcolando interessi e sanzioni edittali. In questo caso la cartella portante i suddetti ruoli dovrà essere notificata, a pena di decadenza, entro il termine del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui si è verificato l’omesso versamento.

Stralcio automatico dei ruoli fino a euro 1.000
La Legge di Bilancio, al fine di alleggerire il c.d. magazzino delle cartelle di pagamento e dove il costo del recupero poteva rivelarsi superiore al complesso dei tributi che si potevano assicurare all’erario, ha previsto, in via assolutamente automatica, lo stralcio dei debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore della legge, di euro 1.000, comprensivi di imposta, interessi e sanzioni, risultanti dai singoli carichi di ruolo, affidati all’Agente della Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 da parte delle Amministrazioni statali, Agenzie fiscali e degli enti pubblici previdenziali.

Definizione parziale di tutti i carichi affidati all’Agente della Riscossione nel fino a giugno 2022: rottamazione-quater
Con la Legge di Bilancio è stata reintrodotta la possibilità di definire i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Possono essere definiti tributi e contributi affidati all’Agente della Riscossione, con l’eccezione di: recupero delle entrate scaturenti da risorse comunitarie, recupero degli aiuti di Stato, sanzioni irrogate dalle autorità penale ecc.
Per espressa previsione di legge (comma 249), possono essere inclusi nella definizione anche i carichi relativi alle precedenti rottamazioni.
La rottamazione-quater, rispetto alle precedenti, è più vantaggiosa perché include l’annullamento delle sanzioni, gli interessi scaturenti direttamente dalle imposte e contributi, gli interessi di mora, nonché l’aggio dell’Agente della Riscossione.
La definizione può essere effettuata attraverso il pagamento in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2023, oppure in 18 rate con scadenza rispettivamente: 30 novembre 2023, 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio e 30 novembre di ciascun anno. Per le prime
due rate, con scadenza 31 luglio 2023 e 30 novembre 2023, il pagamento dovrà essere corrispondente al 10 per cento dell’importo complessivamente dovuto. In caso di pagamento rateale, saranno dovuti gli interessi al tasso del 2 per cento annuo.
Entro il 30 giugno, l’Agente della Riscossione invia al debitore la comunicazione con la liquidazione degli importi da pagare. Il pagamento può essere effettuato mediante domiciliazione sul conto corrente del debitore, presso gli sportelli dell’Agente della Riscossione, oppure utilizzando i bollettini di pagamento precompilati rilasciati dall’Agenzia delle Riscossione.
La definizione agevolata si perfeziona con l’integrale pagamento delle somme dovute ed il mancato o ritardato pagamento oltre i cinque giorni provoca la decadenza dell’agevolazione con il conseguente ripristino delle sanzioni, degli interessi e dell’aggio.
L’adesione alla rottamazione-quater può essere effettuata nella piattaforma istituzionale dell’Agente della Riscossione attraverso l’area riservata, dove il debitore provvederà, con apposita dichiarazione telematica, a definire la propria posizione, scegliendo altresì il numero delle rate per poter effettuare il pagamento. La definizione dovrà essere effettuata entro il 30 aprile 2023. Appare importante sottolineare che, con la
suddetta dichiarazione telematica, il debitore assume l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti, subordinando però il perfezionamento della rinuncia all’effettiva definizione agevolata dei carichi pendenti.
La presentazione dell’istanza provoca i seguenti effetti:
• la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza;
• la sospensione, fino alla scadenza del 31 luglio 2023, degli obblighi relativi al pagamento di precedenti piani di dilazione;
• l’impossibilità per l’Agenzia Entrate Riscossione di poter iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche, nonché l’avvio di nuove procedure esecutive;
• l’impossibilità per l’Agenzia Entrate Riscossione di poter proseguire procedure esecutive precedentemente avviate, salvo che sia avvenuto già il primo incanto con esito positivo;
• il debitore non è considerato inadempiente ai sensi dell’art. 48-bis D.P.R. n. 602/1973 e pertanto, nel caso in cui vanti dei crediti di importo superiore a cinque mila euro da amministrazioni pubbliche e/o da società a prevalente partecipazione pubblica, non subisce fino alla data di scadenza del pagamento della prima rata (31 luglio 2023) il vincolo del mancato pagamento del proprio credito;
• il debitore può ottenere il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC).

Definizione liti pendenti in ogni grado di giudizio
Con la Legge di Bilancio risultano definibili anche le liti pendenti al 1° gennaio 2023, in ogni stato e grado di giudizio e soltanto quelle in cui la controparte è rappresentata dall’Agenzia delle Entrate o delle Dogane. La definizione può essere effettuata con il pagamento di un importo pari alla controversia, così come definito dall’art. 12, comma 2, del D.Lgs. 546/19922.
L’importo relativo al pagamento per la definizione della controversia varia in ragione dello stato e del grado di giudizio in cui risulta pendente la controversia:
1. nel caso in cui il ricorso pende nel primo grado di giudizio, la definizione può essere effettuata con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia;
2. nel caso di soccombenza dell’Ufficio fiscale nell’unica o nell’ultima pronuncia emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria depositata alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio, la definizione può essere effettuata pagando:
• il 40 per cento del valore della controversia nel caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di primo grado;
• il 15 per cento del valore della controversia nel caso di soccombenza dell’Agenzia nella pronuncia di secondo grado;
• il tributo per intero, in caso di soccombenza ripartita o accoglimento parziale del ricorso, per la sola parte in cui il contribuente sia risultato soccombente e in misura ridotta (40 o 15 per cento) per la parte in cui la pronuncia sia stata favorevole al contribuente.
Nel caso in cui la controversia tributaria sia pendente in Cassazione, la lite con l’Agenzia fiscale può essere definita, pagando il 5 per cento se l’Agenzia fiscale sia stata soccombente in entrambi i primi due gradi di giudizio.
Dalla lettura del comma 192 della Legge di Bilancio si ricava che per ricorso pendente nel primo grado di giudizio e pertanto rientrante nella definizione agevolata, si intende il ricorso già notificato alla controparte alla data di entrata in vigore della
Legge di Bilancio. Per quanto riguarda invece gli altri gradi di giudizio, per giudizio pendente si intende quello per il quale alla data di presentazione della domanda di definizione agevolata non si sia concluso con una pronuncia definitiva.
Per quanto riguarda le controversie relative alle sole sanzioni, queste possono essere definite con il pagamento:
• del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale sul merito;
• del 40 per cento del valore della controversia negli altri casi.

Il perfezionamento della definizione agevolata avviene con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti da effettuarsi entro il 30 giugno 2023. È possibile usufruire della rateizzazione soltanto al superamento dell’importo di 1.000 euro, con un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, con decorrenza dal 1° aprile 2023 (la prima rata) e per quanto riguarda le rate successive, con il pagamento rispettivamente alle seguenti scadenze:
• 30 giugno 2023,
• 30 settembre 2023,
• 20 dicembre 2023
• 31 marzo di ogni anno.
Le rate successive alla prima dovranno essere versate, calcolando gli interessi nella misura dell’interesse legale ed è esclusa la compensazione con il modello F24.
Merita di essere evidenziata la circostanza che la definizione può essere effettuata solo per ciascuna controversia autonoma, con la presentazione di una domanda distinta per ogni singola controversia per la quale si intende usufruire della definizione agevolata, sebbene sia possibile che le controversie siano tra loro collegate, giacché expressis verbis, è la stessa legge che definisce la controversia autonoma, quella
relativa a ciascun atto impugnato.
La legge non prevede la sospensione automatica del giudizio e lascia libero il contribuente di poterla chiedere fino al 10 luglio 2023, depositando presso la Corte di Giustizia, dinanzi alla quale pende il giudizio, la richiesta di sospensione, e di depositare altresì, entro la stessa data del 10 luglio, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata. Con il deposito della domanda di definizione e della copia del versamento, il processo è dichiarato estinto.
Il Legislatore ha previsto altresì, per le controversie definibili, la sospensione per nove mesi dei termini per l’impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, ivi compresa la proposizione del controricorso in Cassazione, che scadono tra la data di entrata in vigore della legge e il 31 luglio 2023.
Ai fini del calcolo dei termini per proporre appello principale o incidentale, si dovrà stare attenti alla circostanza dello status del giudizio, ovvero alla data di deposito della sentenza impugnata o alla data della proposizione dell’appello principale.
Per comprendere meglio il funzionamento dei termini di sospensione, possono essere proposti due esempi:
1. sentenza di primo grado depositata il 30 giugno 2022. In questo caso, il termine lungo per proporre l’appello da parte del soccombente, scadrebbe il 30 gennaio 2023 (escludendo il mese di agosto). Con la sospensione dei nove mesi delle controversie definibili (comma 199), poiché il 30 di gennaio 2023 scadrebbe entro la fascia temporale del termine di sospensione automatica, il termine per proporre l’appello per la parte soccombente a questo punto scadrebbe il 30 novembre 2024;
2. stesso discorso vale nel caso di appello incidentale. Invero, nel caso in cui la parte parzialmente soccombente abbia proposto l’appello principale il 30 di novembre 2023, il termine per proporre l’appello incidentale da parte avversa è di 60 giorni dalla notifica dell’appello principale, ex art. 54 D.Lgs. 546/1992, ovvero entro
il 29 gennaio 2023. Ebbene, con la sospensione dei termini stabiliti dal comma 199 della Legge di Bilancio, poiché i termini riprenderanno l’1 ottobre 2024 (nove mesi di sospensione), ne consegue che l’appello incidentale dovrà essere proposto a pena di inammissibilità entro il 30 ottobre 2024.
Per completezza occorre sottolineare anche che la proposta di definizione agevolata del giudizio può essere sottoposta a diniego, che deve essere comunicato al contribuente entro il 31 luglio 2024 e quest’ultimo può essere impugnato entro i termini ordinari di 60 giorni dalla notifica, davanti all’organo giurisdizionale presso cui pendeva la controversia originaria.

Conciliazione agevolata delle liti pendenti
Oltre alla definizione agevolata delle liti pendenti come sopra precisato, il Legislatore
ha previsto anche la possibilità di definire le liti pendenti nel primo e nel secondo grado di giudizio, aventi ad oggetto atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle Entrate, in via extra-giudiziale entro il 30 giugno 2023.
È possibile la definizione agevolata delle suddette liti, attraverso la sottoscrizione di un accordo di conciliazione tra il ricorrente e l’Agenzia fiscale. L’accordo gode del beneficio delle sanzioni ridotte ad 1/18 del minimo di quelle edittali e, nel caso in cui si giunga alla definizione in contraddittorio con l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, il ricorrente è tenuto a versare l’unica rata o la prima rata, entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo di conciliazione.
Il Legislatore ha previsto la possibilità del pagamento rateale, con un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo, oltre agli interessi legali, da versare entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo al pagamento della prima rata.
Nel caso di mancato pagamento anche di una sola rata, entro il termine di pagamento della rata successiva, il contribuente decade dal beneficio con la conseguente iscrizione a ruolo delle somme residue dovute a titolo di imposte, interessi e sanzioni aumentate della metà, applicate all’importo ancora dovuto a titolo d’imposta.
Dalla interpretazione letterale del comma 209, si rileverebbe che l’importo delle imposte dovute nel caso di decadenza dal beneficio, dovrebbe essere quello scaturente dall’accordo conciliativo.

Rinuncia agevolata alla causa pendente in Cassazione
Il Legislatore, in alternativa alla definizione agevolata delle controversie pendenti alla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio innanzi alla Corte di Cassazione, in cui la controparte è rappresentata sempre dall’Agenzia delle Entrate, e avente per oggetto atti
impositivi, ha dato la possibilità al ricorrente di poter rinunciare entro il 30 giugno 2023 al ricorso principale o incidentale.
La rinuncia interviene attraverso la definizione con l’Ufficio in via transattiva della lite, con il pagamento integrale delle imposte dovute sulla scorta dell’atto impositivo impugnato.

Il vantaggio per il contribuente, in questo caso, sarebbe limitato soltanto alla riduzione delle sanzioni ad 1/18 del minimo edittale, fermo restando l’imposta, gli interessi
e gli oneri accessori.
La definizione si perfeziona con la sottoscrizione della transazione, con il versamento
integrale e senza possibilità di rateazione e di compensazione con modello F24, delle
somme dovute, entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’accordo tra le parti.
In realtà, il termine transazione utilizzato nel testo della norma appare assolutamente
improprio, giacché in questo caso non si tratta di una vera e propria transazione tra
le parti così come invece è stato previsto per la conciliazione extra giudiziale, bensì
di una vera e propria rinuncia al contenzioso, accettando nel complesso l’atto impositivo emesso dall’Ufficio Finanziario, con il solo risparmio di parte delle sanzioni.
Certamente sarebbe stato molto più conveniente la definizione stabilita dall’art. 5 della Legge n. 130/2022 e ormai scaduta il 16 di gennaio, dove c’era la possibilità del pagamento del 20 per cento del valore della causa, sebbene sottoposta al limite di 50 mila euro e alla soccombenza in uno dei gradi di giudizio.
Con molta probabilità la rinuncia alla causa in Cassazione, così come è stata strutturata, non avrà successo perché poco appetibile per i motivi appena illustrati. Avrebbe fatto meglio il Legislatore, invece, a riproporre la definizione così come strutturata nell’art. 5 della L. n. 130/2022, eliminandone però i limiti all’accesso.


Note:

1 Il termine di scadenza degli avvisi bonari è di 30 giorni dalla notifica (art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 462/1997), ovvero di 90 giorni per le notifiche effettuate agli intermediari ai sensi dell’art. 2-bis, comma 1, del D.L. n. 203/2005, conv. in L. n. 248/2005.

2 Per valore della lite, si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.

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