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Il D.Lgs. 147/2015, c.d. “Decreto internazionalizzazione”, introduce nel nostro ordinamento una tassazione agevolata dei redditi, che vengono prodotti nel territorio dello Stato dai
contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, dopo un periodo all’estero non inferiore a due anni e che si impegnano a risiedere all’interno dello Stato per almeno due periodi d’imposta, svolgendo quindi attività lavorativa nel territorio stesso.
La ratio legis è quella di incentivare i lavoratori, che negli ultimi anni vivono stabilmente all’estero, al rientro in patria e allo stesso tempo invogliare i cittadini stranieri a trasferirsi in Italia per lavoro.
Al fine di potere avere accesso al beneficio e quindi alla tassazione agevolata dei redditi prodotti in Italia, è necessario che siano soddisfatti i requisiti soggettivi ed oggettivi dettati dalla norma 1.

Requisiti soggettivi
L’art. 16 del D.Lgs. n. 147 del 14 settembre 2015, ai commi 1 e 2 indiviudua i requisiti, da verificare alternativamente, che un soggetto deve possedere affinché possa avvalersi del
beneficio della tassazione agevolata.
Il comma 1 prevede l’applicazione dell’agevolazione al ricorrere delle seguenti condizioni:
a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
b) l’attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano;» il successivo comma 2 dell’articolo 16 estende i medesimi benefici fiscali ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della Legge n. 238/10:
a) i cittadini dell’Unione europea in possesso di un titolo di laurea, che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che, sebbene residenti nel loro Paese d’origine, hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori di tale Paese e dell’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, i quali vengono assunti o avviano un’attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia e trasferiscono il proprio domicilio, nonché la propria
residenza, in Italia entro tre mesi dall’assunzione o dall’avvio dell’attività;
b) i cittadini dell’Unione europea che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia e che, sebbene residenti nel loro Paese d’origine, hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori di tale Paese e dell’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post laurearti, i quali vengono assunti o avviano un’attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia e trasferiscono il proprio domicilio, nonché la propria residenza, in Italia entro tre mesi dall’assunzione o dall’avvio dell’attività;»e ai «cittadini di Stati diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo
sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un diploma di laurea, che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi ovvero che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream».

Requisito oggettivo

Appurato il soddisfacimento del requisito soggettivo, occorre identificare le tipologie di reddito agevolabili.
Il D.Lgs. n. 147/2015 aveva disposto ab origine l’applicazione dell’agevolazione ai soli redditi di lavoro dipendente ed assimilati ed ai redditi di lavoro autonomo. La tassazione agevolata, con l’entrata in vigore del Decreto Crescita,2 viene estesa anche ai redditi d’impresa prodotti nel territorio dello Stato a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.
Pertanto risultano agevolabili, per il lavoratore impatriato, le seguenti categorie di reddito:
• redditi di lavoro dipendente;
• redditi assimilati a quello di lavoro dipendente;
• redditi di lavoro autonomo, che derivano dall’esercizio di arti e professioni di cui all’art. 53 del TUIR3;
• redditi d’impresa di cui all’art. 55 del TUIR4 prodotti, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, dall’imprenditore individuale. Tale ultima precisazione trova origine nel documento di prassi amministrativa attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate ha definito l’ambito soggettivo
afferente tale tipologia di redditi5

Periodo di applicazione

Il regime speciale della tassazione agevolata ha carattere temporaneo e risulta applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’art. 2 del TUIR, e per i quattro periodi d’imposta successivi6.
Il Decreto crescita, anche in quest’ambito, ridefinisce i termini di applicazione dell’agevolazione poiché introduce con il comma 3-bis all’art. 16 del D.Lgs. 147/2015 un’estensione temporale del beneficio fiscale ad ulteriori 5 periodi di imposta, con tassazione nella misura agevolata del 50% del reddito imponibile, in presenza di
specifici requisiti alternativi:
• avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo;
• aver acquistato un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento. Il beneficio spetta se l’immobile è acquistato direttamente dal lavoratore oppure da parte del coniuge, del convivente o dei figli, anche in comproprietà.
La percentuale del 50 prevista nel caso di prolungamento del beneficio è ridotta al 10 in caso di lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico.

Misura dell’agevolazione
L’agevolazione, introdotta dal D.Lgs. 147/2015 per i lavoratori impatriati che soddisfano i requisiti imposti dall’art. 16 del decreto medesimo, prevedeva prima della modifica intervenuta con il D.L. 34/2019 c.d. “Decreto Crescita” l’esenzione del 50% del reddito prodotto in Italia.
Il decreto Crescita, in vigore dall’1 maggio 2019, tra le altre modifiche ha innalzato tale percentuale al 70% e successivamente il D.L. 124/2019 “Decreto Fiscale” ne ha ridefinito la decorrenza.
Ne consegue quindi che,
• per i lavoratori impatriati che sono rientrati in Italia dall’estero fino al 29 aprile 2019, i redditi prodotti concorreranno alla formazione del reddito complessivo
nella misura del 50 per cento;
• per i lavoratori impatriati che sono rientrati in Italia dall’estero a decorrere dal 30 aprile 2019, i redditi prodotti concorreranno alla formazione del reddito complessivo nella misura del 30 per cento;
• per i lavoratori impatriati che sono rientrati in Italia dall’estero a decorrere dal 30 aprile 2019 e che hanno trasferito la residenza in una delle seguenti Regioni:
Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia, i redditi prodotti concorreranno alla formazione del reddito complessivo nella misura del 10 per cento.

Impatriati e distacco
La norma che ha istituito il regime speciale per i lavoratori impatriati7, sebbene molto snella nell’individuazione dei requisiti di accesso al beneficio fiscale, nel corso degli anni, a causa di dubbi interpretativi è stata oggetto di numerosi pareri da parte dell’Agenzia delle Entrate con documenti di prassi amministrativa, in merito al riconoscimento del regime agevolato per i suddetti lavoratori rientranti in Italia da un distacco all’estero.
Dapprima, l’Agenzia delle Entrate8 aveva assunto una posizione molto rigida, atteso che escludeva, in ogni caso, i soggetti rientranti da distacco all’estero anche in presenza dei requisiti imposti dalla legge. Tale impostazione nel tempo è stata corretta dalla stessa Agenzia, la quale, con risposta n. 45/2018, ha previsto la possibilità di
fruizione della tassazione agevolata, nel caso in cui il rientro in Italia del lavoratore non fosse stato la conseguenza della naturale scadenza del distacco, ma fosse determinato da altri elementi9, considerati peculiari condizioni di rientro dall’estero dei dipendenti, quali:
• proroghe reiterate e durata prolungata nel tempo che determinino un affievolimento dei legami con il territorio italiano ed un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
• discontinuità con la precedente posizione lavorativa e copertura di un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali acquisite all’estero.
Alla luce delle suesposte considerazioni, evincibili dalla medesima risposta n. 45/2018, appare inverosimile la precisazione fatta dalla stessa Agenzia in merito al fatto che la norma in questione (art. 16 D.Lgs. 147/2015) non disciplina esplicitamente la posizione del soggetto distaccato all’estero che rientri in Italia, a differenza invece di quanto previsto dall’art. 3, comma 4, della legge n. 238/2010, concernente il regime di favore per i c.d. “controesodati”, la quale escludeva espressamente dal beneficio ogni forma di distacco.
Tale precisazione, successivamente reiterata con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, si pone in contraddizione con quanto argomentato nella stessa circolare in ordine al requisito delle continuità/discontinuità dell’attività lavorativa. Addiritura l’Agenzia, per la corretta individuazione di tale requisito, fornisce una serie di elementi che costituiscono indice di una situazione di continuità dell’attività lavorativa: riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale; riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione; assenza del periodo di prova ecc., assolutamente non dettati dalla norma.
La preclusione alla tassazione agevolata, argomentata nei documenti di prassi, non trova alcun riscontro nell’art. 16 del D.Lgs. 147/2015, sia dal punto di vista dell’in terpretazione letterale, sia con riferimento alla ratio della norma che condiziona invece il beneficio fiscale al possesso dei requisiti qui di seguito elencati:
• non essere stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento con l’impegno a risiedere in Italia per almeno due anni;
• prestare l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
In merito al caso di specie, i Giudici Tributari, con diverse sentenze,10 si sono già pronunciati in controtendenza rispetto all’orientamento espresso dall’Agenzia delle
Entrate, ritenendo errata l’interpretazione fornita da quest’ultima e richiamando la costante giurisprudenza della Cassazione11 secondo cui «la c.d. interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o in risoluzioni, non vincola né i contribuenti né i giudici, né costituisce fonte del diritto; gli atti ministeriali medesimi, quindi, possono dettare agli uffici subordinati criteri di comportamento nella concreta applicazione di norme di legge, ma non possono imporre ai contribuenti nessun adempimento non previsto dalla legge né, soprattutto, attribuire all’inadempimento del contribuente alle prescrizioni di detti atti un effetto non previsto da una norma di legge».
Alla luce di quanto appena argomentato, si ritiene che i requisiti per avere accesso alle agevolazioni fiscali dettate a beneficio dei lavoratori, che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato c.d. “impatriati”, possono rinvenirsi esclusivamente dall’interpretazione letterale della norma, dalla quale non è riscontrabile alcun riferimento a ipotesi collegate ai contratti dei lavoratori dipendenti e/o eventuali precedenti distacchi all’estero.


1 Art. 16 del D.Lgs. 147/2015
2 D.L. 30 aprile 2019, n. 34.
3 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
4 Art. 16, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 147/2015, come sostituito dall’art. 5, comma 1, lett. b), del D.L. n. 34/2019.
5 Circolare 28 dicembre 2020, n. 33/E.
6 Art. 16, comma 3, D.Lgs. 147/2015.
7 D.Lgs. 147/2015, art. 16 – Regime speciale per lavoratori impatriati.
8 Circolare 23 maggio 2017, n. 17/E.
9 Agenzia delle Entrate – Risp. 45/2018.
10 Sentenza n. 2563 del 23 settembre 2022 – CGT di Milano; Sentenza n. 1479 del 25 maggio 2022 CGT di
Milano; Sentenza n. 4779 del 22 dicembre 2021 CGT di Milano.
11 Sentenza Cassazione n. 5137/2014

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